Usatelo o lo perderete
«Use it or lose it». Parliamo del cervello, o meglio del suo potenziale cognitivo
Usatelo o lo perderete… Studiare, impegnarsi in lavori creativi, vivere in un ambiente stimolante sono elementi fondamentali con cui ciascuno può costruirsi una sorta di capitale neurobiologico, la riserva cognitiva, quel tesoretto di resilienza che, col passare degli anni, si rivela prezioso per prevenire e contrastare i danni dell’invecchiamento e delle malattie che potrebbero colpire il nostro cervello: Alzheimer e ictus, ma anche traumi cranici, sclerosi multipla, schizofrenia. Alla lista si aggiungono ora i tumori cerebrali, grazie a uno studio su 700 pazienti operati da neurochirurghi dell’Azienda sanitaria universitaria di Udine. Immaginate due persone colpite da un tumore identico e sottoposte allo stesso tipo di intervento.
Non solo genetica
A differenziarle è il contesto da cui provengono: una ha interrotto presto gli studi e svolge un lavoro ripetitivo in un piccolo centro, l’altra si è laureata, ha una professione intellettualmente impegnativa e vive in una grande città. Il secondo paziente recupererà meglio del primo. Non si sa ancora come e perché, ma è come se avesse messo da parte un surplus di plasticità cerebrale a cui attingere al bisogno.
Non solo genetica
«Il cervello subisce le influenze della vita», ci racconta Raffaella Rumiati della Sissa di Trieste, che ha coordinato il lavoro pubblicato su Brain Communication.
La riserva cognitiva, come l’intelligenza, ha una componente genetica ma sembra dipendere ancor più da variabili socioeconomiche. Il gruppo l’ha indicizzata con l’aiuto dell’economista Gianni De Fraja e ha valutato le performance di ogni paziente tenendo conto anche della sua biografia.
«L’effetto più forte ce l’ha l’istruzione, poi gli stimoli sul lavoro. La residenza ha un effetto minore ma influenza relazioni e sfide quotidiane», spiega la neuroscienziata. Combinati insieme, questi fattori hanno un effetto protettivo: «Più è alta la riserva, migliori sono le prestazioni nei test, al netto delle caratteristiche del tumore».
«L’impatto della riserva cognitiva è stato esplorato nella demenza, nell’invecchiamento e in altre condizioni. Finora era stato trascurato il suo ruolo nella mitigazione delle disfunzioni cognitive associate ai tumori, perché ci sono molti fattori di cui tenere conto, tra cui volume della lesione, emisfero interessato, regione colpita e tipo di tumore», ci dice Yaakov Stern della Columbia University, il padre del concetto di cognitive reserve, che apprezza il modo in cui il gruppo italiano ha iniziato a dipanare la matassa: «Sono esperti di punta nello studio dell’impatto dei tumori sulla disfunzione neurocognitiva, quindi persone ideali per indagare se la riserva cognitiva può mitigare questa relazione». Secondo il neuropsicologo «questo contributo apre le porte alla speranza di sviluppare strategie di prevenzione e interventi di riabilitazione personalizzati, tarati sulle differenze individuali». La ricerca appena pubblicata, in particolare, ha due punti di forza: un campione molto più esteso dei pochi studi precedenti e la varietà dei test, effettuati da Barbara Tomasino, psicologa clinica dell’Irccs Medea e prima autrice del lavoro. «Per misurare l’attività cognitiva dei pazienti, con riferimento all’emisfero destro, al sinistro e a entrambi, sono stati valutati linguaggio, comprensione, memoria visiva e anche l’intelligenza fluida, che non riguarda le nozioni accumulate ma la capacità di risolvere nuovi problemi», spiega Rumiati.
Prossimi passi
I prossimi studi coinvolgeranno anche soggetti sani per provare a capire i meccanismi biologici della riserva di resilienza e individuare le finestre temporali per potenziarla al meglio nel corso della vita. Gli esperimenti con allenamenti specifici (ad esempio con videogame) hanno dato risultati deludenti perché non migliorano il potenziale generale. Che cosa consiglia Rumiati per mantenere il cervello in forma? «Stimolare l’attività mentale in tutti i modi: cinema, letture, lingue, fare la spesa senza la lista per esercitare la memoria, inserire variazioni alla routine nel lavoro. Dopo la pensione tenersi impegnati con ciò che piace». ”Il suo impatto era stato esplorato finora nella demenza, nell’invecchiamento e in altre condizioni
Per maggiori informazioni consultare i seguenti link:
https://dictionary.cambridge.org/it/dizionario/inglese/use-it-or-lose-it
https://www.traumacranico.net/
https://www.centroricreazione.it/
https://www.formazionesocialeclinica.it/