Condivisione e coprogettazione con la rete dei servizi.
Il lavoro socio-sanitario-educativo si svolge normalmente secondo il modello delle equipe multiprofessionali e all’interno della cosiddetta rete dei servizi.
Al fine si rendere efficaci ed efficienti gli interventi di aiuto alla persona sono essenziali alcune regole di base:
- la definizione dei compiti di ciascuna figura professionale
- la chiarezza delle relazioni, gerarchiche e non, all’interno del servizio
- l’orientamento ideale e metodologico verso i compiti propri delle figure professionali e del servizio
- tempi e modi per un confronto sull’operatività concreta e di condivisione delle scelte e delle responsabilità
Ogni professione ha in sé, infatti, nei confronti dell’utente, specificità di competenze e vincoli operativi. Se limiti e competenze non vengono rispettati può generarsi confusione nella vita del servizio e nella percezione dell’utente.
A tutte le componenti della rete dei servizi, deve, invece, essere chiaro chi farà che cosa e quando, in base a quali valutazioni della situazione, agli spazi di praticabilità degli interventi e così via. Tuttavia si possono verificare casi nei quali è perfino opportuno che un operatore non si attenga rigidamente al proprio ruolo formale, ma si assuma compiti significativi per l’utente in ragione di un consolidato rapporto con lui o di una più antica conoscenza del caso o per la necessità di permettere all’utente di individuare un referente stabile e/o autorevole.
Si pensi ad esempio alla comunicazione dell’avvenuta pronuncia da parte del Giudice di un decreto di adottabilità al minore stesso o ai suoi genitori, o al compito di prendere parte al ricovero con trattamento sanitario obbligatorio di un anziano da parte delle Forze dell’Ordine, o ancora all’assistenza di una vittima di abuso nel corso dell’iter giudiziario. In queste situazioni non solo è legittimo, ma persino opportuno che il compito spetti (per autocandidatura o per designazione del servizio) alla persona che meglio conosce l’assistito, che ha costruito con lui un rapporto di fiducia, che ha maggiore esperienza professionale o che, al contrario, è sufficientemente “esterna” al caso da poter agire con maggiore distacco emotivo a vantaggio della correttezza dell’intervento, in una situazione carica di sentimenti drammatici per tutti.
Occorre però che queste deroghe siano dichiarate esplicitamente dagli operatori coinvolti, riconosciute e approvate dai colleghi, come basate su fondate motivazioni e riferite alla particolare circostanza.
Talvolta la scarsità di personale o di organizzazione, anche sono in uno dei componenti della rete dei servizi, può mettere un operatore (per esempio un assistente sociale) nella condizione di assumersi compiti e responsabilità che non competono alla sua funzione, ma sono fatti che generalmente non giovano né all’assistito né alla relazione tra professionisti e utente, né al benessere personale e professionale dell’operatore stesso.
La divisione dei compiti e la condivisione delle responsabilità non solo è un efficace modo di organizzare il lavoro in genere e in particolare il lavoro sociale, ma preserva l’operatore da fenomeni di usura, di demotivazione e di approssimazione che derivano dalla solitudine di fronte a compiti complessi e coinvolgenti come quelli che appartengono alla sua specifica sfera di azione.